|
Isabelino Gradin, il primo campione di colore |
Gli europei, con gli
inglesi indiscutibilmente in testa, furono gli inventori del calcio. Ad ogni
modo i sudamericani il fùtbol seppero sublimarlo e portarlo ad un livello di
popolarità probabilmente prima degli altri, dandogli contorni non soltanto
leggendari, ma in molti casi anche poetici e romantici. La letteratura
latinoamericana tra Eduardo Galeano, Vargas Llosa, Osvaldo Soriano, Fontanarosa
e Luìs Sepùlveda ha celebrato il mondo del calcio in maniera quasi celestiale.
In Sudamerica il calcio è quasi un fattore religioso, un termine di
competizione quasi estremo. Non a caso
nel 1916, quando in Europa d’altro canto si combatteva la Prima Guerra
Mondiale, in America Latina si disputava già la prima Copa Amèrica, la prima
manifestazione continentale per squadre nazionali. La felice intuizione portava
la firma dell’uruguagio Hector Rivadavia Gomez, che con i colleghi cileni,
argentini e brasiliani fondò anche la COMNEBOL, la federazione calcistica del
sud America. In realtà la Copa Amèrica nacque anche sull’onda della secolare
rivalità tra argentini ed uruguagi, che in termini calcistici trovava un
terreno ancora più fertile. Dirigenti argentini e uruguagi crearono innumerevoli
competizioni sia a livello di club sia di rappresentative per ribadire sempre e
di più la loro supremazia rioplatense. La Copa Lipton, la Copa Dr. Ricardo
Aldao, la Copa Ibarguren, la Copa Honor Cousenier, la Tie Cup Competition
riempivano il calendario agonistico dei primi anni del ‘900, esaltando
continuamente il grande dualismo calcistico tra Argentina ed Uruguay. La prima
Copa giocata ad Avellaneda sul terreno del Racing fu ad appannaggio
dell’Uruguay che sfruttò le marcature di Josè Piendibene, idolo del Penarol, e
di Isabelino Gradin, il primo giocatore di colore a giocare per la Celeste, che
vestiva la maglia anche del Penarol, ma nato nel River Plate di Montevideo e
che fu il primo cannoniere del torneo con 3 reti. Agli argentini fu fatale il
pareggio a reti inviolate contro il Brasile. Il successo di pubblico fu
notevole. Nella prima gara in assoluto del torneo, Argentina-Cile 6-1 del 6
luglio 1916, erano presenti 18.000 spettatori. Quello di Gradin fu in qualche
modo un doppio successo, in quanto si affermò con la sua nazionale e quindi
portò nel mondo del calcio il colore nero della pelle. I cileni quasi si
stavano rifiutando di giocare contro una squadra con qualche giocatore di
colore, ma quel razzismo almeno in quel momento fu sconfitto.
Il successo fu tale
che l’anno successivo si passò immediatamente alla seconda edizione. Gli
organizzatori decisero che sarebbe giocata ogni anno la Copa Amèrica, ruotando
la sede ospitante per ogni edizione. A Montevideo vinse ancora l’Uruguay,
superando di misura l’Argentina manco a dirlo con gol di un “mago”, Hector
Scarone, che avrebbe giocato anche in Italia nel Palermo e nell’Inter. Angel
Romano del Nacional fu capocannoniere con 4 gol.
|
Arthur Friedenreich, il primo a superare il muro dei 1.000 gol |
Saltata l’edizione
del 1918, nel ’19 si approdò in Brasile e gli auriverdi ottennero il primo
importante successo della loro storia. L’affermazione fu propiziata da un eccezionale
giocatore che non doveva neanche far parte della Selecao. Il Presidente-dittatore
brasiliano Epitacio Pessoa, infatti, aveva proclamato un’imposizione di
“assoluta bianchezza” (così che scrisse il grande Galeano), per cui i giocatori
di colore non avrebbero dovuto far parte della Nazionale. Invece, Arthur
Friedenreich, che era mulatto, in nazionale ci andò, in quanto prima di
scendere in campo si cospargeva il volto
di crema di riso per “diventare” bianco. Divenne con 4 reti capocannoniere
insieme a Neco e siglò anche il gol decisivo all’Uruguay al 122’, nella partita
più lunga della Copa Amèrica che durò 150’. In carriera segnò più gol di Pelè, ben
1.329 per la precisione, giocando sempre da dilettante. Difese, infatti, i
colori del plurivittorioso Paulistano, che poi sarebbe diventato Sao Paulo.
Divenne famoso anche in Europa anche dopo una tournèe con il suo Paulistano nel
Vecchio Continente.
Nel ’20 il successo
finale tornò all’Uruguay nella prima edizione giocata in Cile, a Vina del Mar.
l’Uruguay umiliò il Brasile con un netto ed inequivocabile 6-0. Nel ’21
finalmente esordì nell’albo d’oro l’Argentina, che vinse la Copa a Buenos
Aires. La Selecciòn vinse tutte e tre le partite. Il Paraguay scese per la
prima volta in campo, mentre fu assente il Cile. Il mattatore fu Julio Libonatti,
che segnò in tutti e tre i match e che militava a Rosario nel Newell’s Old
Boys, la squadra detta dei lebbrosi. Mentre nell’edizione di Rio de Janeiro del
’22 il Brasile tornò a vincere, questa volta attraverso una gara di spareggio,
sbarazzandosi per 3-0 della rivelazione Paraguay. Questa volta non segnò
Friedenreich ma il suo compagno di squadra Formiga.
Tuttavia, la grande
padrona del continente continuava ad affermarsi l’Uruguay, che nel ’23 vinse
ancora l’edizione casalinga. La Celeste superò nel confronto decisivo gli
eterni rivali argentini. I gol furono di Pedro Petrone e Somma. Ormai stava
consolidandosi dalle parti di Montevideo la squadra che avrebbe dominato non
solo in Sud America, ma nel mondo.
Nessun commento:
Posta un commento