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mercoledì 4 aprile 2018

Historia de la Copa America- 1a puntata

 
Isabelino Gradin, il primo campione di colore
Gli europei, con gli inglesi indiscutibilmente in testa, furono gli inventori del calcio. Ad ogni modo i sudamericani il fùtbol seppero sublimarlo e portarlo ad un livello di popolarità probabilmente prima degli altri, dandogli contorni non soltanto leggendari, ma in molti casi anche poetici e romantici. La letteratura latinoamericana tra Eduardo Galeano, Vargas Llosa, Osvaldo Soriano, Fontanarosa e Luìs Sepùlveda ha celebrato il mondo del calcio in maniera quasi celestiale. In Sudamerica il calcio è quasi un fattore religioso, un termine di competizione quasi estremo.  Non a caso nel 1916, quando in Europa d’altro canto si combatteva la Prima Guerra Mondiale, in America Latina si disputava già la prima Copa Amèrica, la prima manifestazione continentale per squadre nazionali. La felice intuizione portava la firma dell’uruguagio Hector Rivadavia Gomez, che con i colleghi cileni, argentini e brasiliani fondò anche la COMNEBOL, la federazione calcistica del sud America. In realtà la Copa Amèrica nacque anche sull’onda della secolare rivalità tra argentini ed uruguagi, che in termini calcistici trovava un terreno ancora più fertile. Dirigenti argentini e uruguagi crearono innumerevoli competizioni sia a livello di club sia di rappresentative per ribadire sempre e di più la loro supremazia rioplatense. La Copa Lipton, la Copa Dr. Ricardo Aldao, la Copa Ibarguren, la Copa Honor Cousenier, la Tie Cup Competition riempivano il calendario agonistico dei primi anni del ‘900, esaltando continuamente il grande dualismo calcistico tra Argentina ed Uruguay. La prima Copa giocata ad Avellaneda sul terreno del Racing fu ad appannaggio dell’Uruguay che sfruttò le marcature di Josè Piendibene, idolo del Penarol, e di Isabelino Gradin, il primo giocatore di colore a giocare per la Celeste, che vestiva la maglia anche del Penarol, ma nato nel River Plate di Montevideo e che fu il primo cannoniere del torneo con 3 reti. Agli argentini fu fatale il pareggio a reti inviolate contro il Brasile. Il successo di pubblico fu notevole. Nella prima gara in assoluto del torneo, Argentina-Cile 6-1 del 6 luglio 1916, erano presenti 18.000 spettatori. Quello di Gradin fu in qualche modo un doppio successo, in quanto si affermò con la sua nazionale e quindi portò nel mondo del calcio il colore nero della pelle. I cileni quasi si stavano rifiutando di giocare contro una squadra con qualche giocatore di colore, ma quel razzismo almeno in quel momento fu sconfitto.
 Il successo fu tale che l’anno successivo si passò immediatamente alla seconda edizione. Gli organizzatori decisero che sarebbe giocata ogni anno la Copa Amèrica, ruotando la sede ospitante per ogni edizione. A Montevideo vinse ancora l’Uruguay, superando di misura l’Argentina manco a dirlo con gol di un “mago”, Hector Scarone, che avrebbe giocato anche in Italia nel Palermo e nell’Inter. Angel Romano del Nacional fu capocannoniere con 4 gol.
 
Arthur Friedenreich, il primo a superare il muro dei 1.000 gol
Saltata l’edizione del 1918, nel ’19 si approdò in Brasile e gli auriverdi ottennero il primo importante successo della loro storia. L’affermazione fu propiziata da un eccezionale giocatore che non doveva neanche far parte della Selecao. Il Presidente-dittatore brasiliano Epitacio Pessoa, infatti, aveva proclamato un’imposizione di “assoluta bianchezza” (così che scrisse il grande Galeano), per cui i giocatori di colore non avrebbero dovuto far parte della Nazionale. Invece, Arthur Friedenreich, che era mulatto, in nazionale ci andò, in quanto prima di scendere in campo si  cospargeva il volto di crema di riso per “diventare” bianco. Divenne con 4 reti capocannoniere insieme a Neco e siglò anche il gol decisivo all’Uruguay al 122’, nella partita più lunga della Copa Amèrica che durò 150’. In carriera segnò più gol di Pelè, ben 1.329 per la precisione, giocando sempre da dilettante. Difese, infatti, i colori del plurivittorioso Paulistano, che poi sarebbe diventato Sao Paulo. Divenne famoso anche in Europa anche dopo una tournèe con il suo Paulistano nel Vecchio Continente.
 Nel ’20 il successo finale tornò all’Uruguay nella prima edizione giocata in Cile, a Vina del Mar. l’Uruguay umiliò il Brasile con un netto ed inequivocabile 6-0. Nel ’21 finalmente esordì nell’albo d’oro l’Argentina, che vinse la Copa a Buenos Aires. La Selecciòn vinse tutte e tre le partite. Il Paraguay scese per la prima volta in campo, mentre fu assente il Cile. Il mattatore fu Julio Libonatti, che segnò in tutti e tre i match e che militava a Rosario nel Newell’s Old Boys, la squadra detta dei lebbrosi. Mentre nell’edizione di Rio de Janeiro del ’22 il Brasile tornò a vincere, questa volta attraverso una gara di spareggio, sbarazzandosi per 3-0 della rivelazione Paraguay. Questa volta non segnò Friedenreich ma il suo compagno di squadra Formiga.

 Tuttavia, la grande padrona del continente continuava ad affermarsi l’Uruguay, che nel ’23 vinse ancora l’edizione casalinga. La Celeste superò nel confronto decisivo gli eterni rivali argentini. I gol furono di Pedro Petrone e Somma. Ormai stava consolidandosi dalle parti di Montevideo la squadra che avrebbe dominato non solo in Sud America, ma nel mondo.

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