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sabato 23 luglio 2016

La prima volta di Francia-Germania

L’esito del primo conflitto mondiale, con la Germania isolata e umiliata dalle vessatorie condizioni stabilite dal Trattato di Versailles, ha un codazzo di livore anche nel calcio. Quando nel 1920, la Svizzera, da paese politicamente neutrale quale si ripropone di essere, accetta senza troppi problemi l’invito della Germania a disputare un incontro amichevole, si ritrova accerchiata, bersagliata dalle critiche provenienti da più fronti: Gran Bretagna, Francia e Belgio, irritate dalla improvvida (a detta loro) decisione elvetica, agitano neanche troppo velatamente lo spettro del boicottaggio, minacciando di fare terra bruciata attorno ai rossocrociati. Gli svizzeri, che notoriamente non prendono ordini da nessuno, fanno orecchie da mercante, suscitando le ire dell’Inghilterra, la quale chiede l’allontamento della Germania alla FIFA: richiesta respinta e albionici che, per ripicca, abbandonano a loro volta il circolo più prestigioso del calcio mondiale. Saranno Italia e Scozia negli anni a venire, ad infischiarsene del veto posto dalle tre potenze dell’Intesa, alleate militarmente al tempo della Grande Guerra, disputando due amichevoli con i teutonici rispettivamente nel 1923 e nel 1929: fino ad allora la Mannschaft si era potuta confrontare solamente con le selezioni di paesi neutrali come Olanda, Svezia e Norvegia, oltre che con Austria, al centro di un’altra querelle per “ragioni etiche” nel 1924, e Ungheria. Eppure, di lì a breve, qualcosa sarebbe cambiato. Nel Febbraio del 1930, grazie all’impeccabile mediazione dell’iconico presidente della FIFA, e con un pizzico di buon senso, l’embargo, che risulta ormai anacronistico rispetto ai tempi, viene revocato.
Due mesi più tardi, a Berlino, i tedeschi tornano ad incrociare gli inglesi, evento che non si verificava dall’ormai lontano 1913, ovvero prima della Grande Guerra: la gara terminò 3-3, con tutte e tre le reti germaniche realizzate dall’implacabile Richard Hofmann, autentica stella di quella Mannschaft. Data prova con quella sfida di una certa riappacificazione, sportiva e non, con l’Inghilterra, adesso era il turno della Francia, nazionale finora mai incontra dai teutonici. L’occasione per normalizzare i rapporti coi transalpini, minati dalle scorie dell’occupazione della Renania e da sentimenti revanscisti nati all’indomani di Versailles e mai del tutto sopiti, si presenta il 15 Marzo del 1931. E’ la prima volta che Francia e Germania si sfidano sulla scena internazionale. La stampa francese, utilizzando toni sarcastici al confine col derisoro, oltre che piuttosto imprudenti, rivanga il passato, lanciandosi in alcune allusioni poco simpatiche e ammantando di tensione una sfida che, invece, ha tutta l’aria di essere puramente distensiva: il giorno prima dell’incontro sui giornali, di fianco alle drammatiche notizie provenienti da Le Châtelard, una cittadina della Savoia incastrata nelle Prealpi dei Beauges sconvolta in quei giorni da una frana spaventosa, si potevano scorgere commenti di discutibile gusto, o anche paragoni poco edificanti, come quello che dipingeva i calciatori tedeschi come soldati d’assalto.
Anche se per garantire l’ordine pubblico viene dispiegato un piccolo esercito di 1750 agenti, un’enormità per l’epoca, nella capitale francese, scongiurati pericoli e dissipate le ansie della vigilia, si respira un clima giulivo, gioioso, dove a farla da padrone è l’entusiasmo. Insomma, l’atmosfera ideale e lo spirito giusto con il quale approcciare ad un incontro di calcio. La Mannschaft, per la prima volta in Francia, viene accompagnata da quindicimila sostenitori. I tifosi tedeschi, provenienti da ogni angolo della Germania, oltrepassano il Reno, raggiungendo Parigi con ogni mezzo. Tra i treni che intasano i binari della celebre Gare di St. Lazare, e i dodici voli dedicati all’evento messi a disposizione da una compagnia area teutonica, i veicoli prediletti sono comunque gli autocarri, simpaticamente addobbati con vessili regionali usati come segni distintivi. E così, sui boulevards parigini, al passaggio della lunga processione di automezzi tedeschi, si vedono sventolare le bandierine di Sassonia, Renania, Baviera e Palatinato. E’ un’immagine a dir poco suggestiva.

I francesi non sono da meno. In venticinquemila rispondono all’appello e gremiscono gli spalti di Colombes. Ma, se solo le unità non avessero chiuso anzitempo i cancelli, lasciando con un pugno di mosche in mano anche alcuni tifosi muniti di regolare biglietto, se ne sarebbero potuti tranquillamente contare qualche migliaio in più. Assente la tradizionale orchestra, a scandire avvisi e melodie, inni compresi, allietando il pubblico in attesa del fischio d’inizio, talvolta in tedesco per farsi capire dagli ospiti stipati in tribuna Maratona, c’è un grammofono. Dopo una nottata passata a bivaccare nei boulevards, o per i più fortunati, a pernottare sotto le stelle di Montmartre, è proprio quello che ci vuole per svegliare l’assonnata tifoseria tedesca. A dirigere l’incontro viene designato piuttosto simbolicamente l’inglese Thomas Crew da Leicester.
di Vincenzo Lacerenza

In campo è scontro tra due filosofie agli antipodi. La Mannschaft, in cui brilla la stella di Richard Hofmann – uno che due anni più tardi, prestando il proprio volto ad una campagna pubblicitaria legata ad una marca di sigarette, verrà sospeso dalla nazionale per aver infranto le stringenti disposizioni sul dilettantismo – gioca un calcio razionale, pragmatico e concreto, ispirato da quella fonte inesauribile di idee e stilemi che è la scuola danubiana. Al contrario, invece, nelle trame intessute dei Bleus si riscontrano i tratti tipici del futbol latino, forse meno redditizio, ma probabilmente più spettacolare e coinvolgente rispetto al tipo di calcio proposto dai teutonici. La Germania conserva il pallino del gioco, fa la partita, ma, ironia della sorte, è la Francia, che scende nell’arena con un spirito remissivo, riconoscendo la superiorità tecnica tedesca, a sbloccare il risultato allo scoccare del quarto d’ora. Nella circostanza la fortuna si schiera inequivocabilmente dalla parte dei galletti: Edmond Deflour scodella nel mezzo, e il difensore dell’Alemannia Aquisgrana, Reinhold Münzenberg, nel tentativo di spazzare, impatta la sfera in maniera maldestra, propiziando la più classica delle autoreti. Trovato il vantaggio i Bleus si chiudon ancor più a riccio, e anche quando devono fare i conti con l’inferiorità numerica, con Lucien Laurent, il primo marcatore nella storia dei Mondiali, costretto per infortunio ad abbondonare coattivamente il terreno di gioco, riescono a gestire le folate teutoniche. E quando il fortino francese, guidato da Etienne Mattler – il leggendario capitano del Sochaux creduto morto negli anni della Seconda Guerra Mondiale, e poi tornato, vivo e vegeto ad indossare la casacca dei leoncini dopo la fine del conflitto – non regge, attraversato da qualche spiffero, ci pensa la buona sorte a dare una mano ai padroni di casa. La porta difesa da capitan Thépot risulta stregata alla Mannschaft, e specialmente ad Hofmann, che ci mette anima e corpo nel tantativo di far pervenire al pareggio ai suoi, ma che alla fine, vedendosi ribattere dal palo ben tre conclusioni piuttosto promettenti, non può far altro che arrendersi al fato avverso.
Alla fine basta l’autorete di Münzenberg, ad una Francia scaltra, orgogliosa e cinica per strappare la prima, prestigiosa vittoria con la Germania, condannando alla sconfitta quei supponenti “vicini dell’oltre-Reno”. Due anni più tardi, i Bleus voleranno per la prima volta a Berlino. E’ una Germania già infestata dal germe del nazismo, dove la Repubblica di Weimar, ormai sgretolata dalle intrepide martellate antidemocratiche assestate dai nazisti, ha già lasciato il passo alle svastiche e a quell’Adolf Hitler nominato Cancelliere del Reich proprio alle calende del Gennaio 1933. I transalpini confessano i propri timori relativi alla trasferta, e chiedono garanzie per la propria incolumità. Grazie all’intercessione del presidente della FIFA Jules Rimet, elogiato pubblicamente sulle colonne del Völkischer Beobachter, l’organo ufficiale di stampa dello NSDAP, la partita si terrà regolarmente nella cornice del Grunevald, risolvendosi con un pirotecnico 3-3.

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