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venerdì 24 gennaio 2014

Il campionato più bello del mondo: L'infortunio di Antognoni


Firenze ha potuto godere di tanti idoli, calcistici e non per la precisione: Leonardo, Dante, Montanelli, Batistuta, Hamrin, Julinho, Benigni e tanti altri ancora. Ma probabilmente nessuno ha unito la città toscana sotto la stessa bandiera i suoi cittadini come Giancarlo Antognoni, centrocampista dai piedi intelligenti e dalla grandissima visione di gioco, una bandiera per il popolo viola, ma allo stesso tempo a dir poco bersagliato dalla sfortuna.  Nils Liedholm lo pescò in un raduno di una rappresentativa giovanile a Coverciano, pagandolo all’Astimacobi un’autentica fortuna, per un centrocampista sveglio ma neanche diciottenne. Ad ogni modo, Antognoni ripagò la fiducia dello svedese e della città con una fedeltà ai colori viola lunga 15 anni. Debuttò, infatti, al Bentegodi nell’ottobre del ’72 e quindi lasciò la Fiorentina nell’estate del 1987. Aveva dato tutta per la Fiorentina e per Firenze, accontentandosi di vincere una Coppa Italia nel ’75 ed il Torneo Anglo-Italiano. Un bottino esiguo per una della sua classe. Le grandi del Nord avrebbero speso una fortuna per lui. Ma Antognoni volle diventare un simbolo della Fiorentina. Sfiorò un titolo che sarebbe stato strameritato nel 1982, stagione in cui la Fiorentina rimase imbattuta per tutto il girone di ritorno, cedendo di un solo punto alla Juve tra un mare di polemiche. Quindi, divenne Campione del Mondo nell’82, ma non giocò la finale per infortunio, mentre al comando della Fiorentina subì due incidenti di gioco nell’81 e nell’86, che furono un attentato alla sua carriera, ma anche alla sua vita.

 Il 22 novembre del 1981 in un match casalingo di fronte al Genoa Antognoni rimediò un
durissimo colpo al capo. Il portiere genoano Silvano Martina (non si era arrivati neanche ad un’ora di gioco) alzò un po’ troppo la gamba nel tentativo di evitare un gol, colpendo fortuitamente alla testa Antognoni. Furono attimi di panico in cui tutta Firenze sprofondò all’inferno. Martina che sembrava impazzito e Daniel Bertoni con le mani al volto come gli altri. Poi finalmente il cenno dell’arbitro Casarin che rassicurava sulle condizione del giocatore. Firenze non dimenticò più quegli attimi in cui il suo Bell’Antogno aveva rischiato di morire. La Viola vinse 3-2, ma il risultato passò in subordine.

 Antognoni, professionista serio ed esemplare, è rimasto nel cuore di tutti. Ancora oggi gli ultras della Curva Fiesole che vanno in giro per l’Italia e per l’Europa portano un bandierone con la sua effigie. Antognoni è immortale, così come il colore viola a Firenze.

 

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