Firenze ha potuto
godere di tanti idoli, calcistici e non per la precisione: Leonardo, Dante,
Montanelli, Batistuta, Hamrin, Julinho, Benigni e tanti altri ancora. Ma
probabilmente nessuno ha unito la città toscana sotto la stessa bandiera i suoi
cittadini come Giancarlo Antognoni, centrocampista dai piedi intelligenti e
dalla grandissima visione di gioco, una bandiera per il popolo viola, ma allo
stesso tempo a dir poco bersagliato dalla sfortuna. Nils Liedholm lo pescò in un raduno di una
rappresentativa giovanile a Coverciano, pagandolo all’Astimacobi un’autentica
fortuna, per un centrocampista sveglio ma neanche diciottenne. Ad ogni modo,
Antognoni ripagò la fiducia dello svedese e della città con una fedeltà ai
colori viola lunga 15 anni. Debuttò, infatti, al Bentegodi nell’ottobre del ’72
e quindi lasciò la Fiorentina nell’estate del 1987. Aveva dato tutta per la
Fiorentina e per Firenze, accontentandosi di vincere una Coppa Italia nel ’75
ed il Torneo Anglo-Italiano. Un bottino esiguo per una della sua classe. Le
grandi del Nord avrebbero speso una fortuna per lui. Ma Antognoni volle
diventare un simbolo della Fiorentina. Sfiorò un titolo che sarebbe stato
strameritato nel 1982, stagione in cui la Fiorentina rimase imbattuta per tutto
il girone di ritorno, cedendo di un solo punto alla Juve tra un mare di
polemiche. Quindi, divenne Campione del Mondo nell’82, ma non giocò la finale
per infortunio, mentre al comando della Fiorentina subì due incidenti di gioco
nell’81 e nell’86, che furono un attentato alla sua carriera, ma anche alla sua
vita.
Il 22 novembre del 1981 in un match casalingo
di fronte al Genoa Antognoni rimediò un
durissimo colpo al capo. Il portiere genoano Silvano Martina (non si era arrivati neanche ad un’ora di gioco) alzò un po’ troppo la gamba nel tentativo di evitare un gol, colpendo fortuitamente alla testa Antognoni. Furono attimi di panico in cui tutta Firenze sprofondò all’inferno. Martina che sembrava impazzito e Daniel Bertoni con le mani al volto come gli altri. Poi finalmente il cenno dell’arbitro Casarin che rassicurava sulle condizione del giocatore. Firenze non dimenticò più quegli attimi in cui il suo Bell’Antogno aveva rischiato di morire. La Viola vinse 3-2, ma il risultato passò in subordine.
durissimo colpo al capo. Il portiere genoano Silvano Martina (non si era arrivati neanche ad un’ora di gioco) alzò un po’ troppo la gamba nel tentativo di evitare un gol, colpendo fortuitamente alla testa Antognoni. Furono attimi di panico in cui tutta Firenze sprofondò all’inferno. Martina che sembrava impazzito e Daniel Bertoni con le mani al volto come gli altri. Poi finalmente il cenno dell’arbitro Casarin che rassicurava sulle condizione del giocatore. Firenze non dimenticò più quegli attimi in cui il suo Bell’Antogno aveva rischiato di morire. La Viola vinse 3-2, ma il risultato passò in subordine.
Antognoni, professionista serio ed esemplare,
è rimasto nel cuore di tutti. Ancora oggi gli ultras della Curva Fiesole che
vanno in giro per l’Italia e per l’Europa portano un bandierone con la sua
effigie. Antognoni è immortale, così come il colore viola a Firenze.
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