Dopo qualche mese di assenza, la rivista Napolissimo ritorna nelle edicole con un progetto editoriale nuovo e soprattutto con cadenza mensile. In un periodo senza dubbio non facile per l'editoria, il magazine dedicato al Napoli ed allo sport campano prova comquneu a riacquistare il suo prestigio. Il Direttore Responsabile è Antonio Calise. Tra le numerose rubriche, affidata a Vincenzo Paliotto la ricostruzione della sSoria del campionato italiano di calcio tra aneddoti e protagonisti.
Quando nell’estate del 1929 il Presidente Federale
Leandro Arpinati ed il suo
Segretario Giuseppe Zanetti vararono l’istituzione del Campionato di Serie A a
girone unico, il calcio in Italia si era già affermato ampiamente come fenomeno
di massa. La nascita del Campionato di Serie A fu caldeggiata in maniera decisa
dal fascismo per motivi meramente politici e sociali. L’idea di un campionato
nazionale non faceva altro che favorire il legittimare delle idee del regime:
maggiore unità del paese, presumibile potenziamento dei mezzi di comunicazione
e delle relative infrastrutture. Un’analisi storica e sociale, non soltanto
agonistica, rimarcata da Antonio Ghirelli,
a cui la Einaudi nel 1954 aveva affidato la realizzazione della Storia del calcio in Italia, che non si
dedicasse soltanto alla narrazione sportiva, ma anche sociale. Un volume che
sarebbe diventato un imprescindibile punto di riferimento per il giornalismo
italiano. Giornalista napoletano, Ghirelli approdò al giornalismo sportivo
intorno al 1948, trasferendovi la sensibilità di un intellettuale accorto ai
risvolti politici dello sport ed ai suoi relativi contesti sociali.
I
giorni dell’Ambrosiana. Ideato in un primo momento a 16
squadre, il primo campionato invece ne contò ai nastri di partenza 18. Questo
per favorire l’ingresso della Triestina,
società particolarmente nelle grazie dei gerarchi fascisti, che preferirono
integrarla nel tessuto territoriale e politico sociale, piuttosto che lasciarla
pericolosamente in balìa dei confinanti jugoslavi. Rientrarono nel progetto
iniziale in extremis anche la Lazio
ed il Napoli, che avevano
spareggiato inutilmente per ottenere l’ultimo posto disponibile. In effetti
quella partenopea era l’unica rappresentante in lizza del calcio meridionale.
Mentre la facevano da padrone il Piemonte con Torino, Juventus, Alessandria e
Pro Vercelli e la Lombardia con Ambrosiana-Inter, Milan, Brescia, Pro Patria e
Cremonese. Le altre erano il Bologna, il Modena, il Padova, il Livorno, la
Roma, la Lazio ed il Genova, che come l’Inter aveva dovuto rinunciare al suo
nome di Genoa, in quanto troppo
anglosassone. Un vero delitto sportivo per i tifosi genoani, così fieramente
affezionati alal denominazione della squadra più antica d’Italia Il campionato
cominciò il 9 ottobre del 1929 e l’EIAR, cioè l’antesignana della RAI,
trasmetteva in diretta radiofonica il secondo tempo di una partita, in maniera
tale da non scongiurare l’affluenza negli stadi dei tifosi. La Tre Vallette
Sarti ne era il primo fiero sponsor radiofonico. Il primo Scudetto a girone
unico fu ad appannaggio dell’Ambrosiana-Inter
del capocannoniere Giuseppe Meazza,
il primo mito del calcio italiano, e del tecnico magiaro Arpad Veisz, autentico maestro preso in prestito dal calcio
danubiano. I nerazzurri precedettero di due lunghezze il Genoa, che sprecò nel
match decisivo contro i milanesi il rigore del sorpasso. La partita di Milano
fu preceduta dalle prodezze della “Giornata dell’Aviazione” a Linate, tanto che
gli spettatori della partita furono distratti dal volteggiare aereo di questo
evento. Negli spostamenti repentini da una parte all’altra molti tifosi
rimasero feriti nel crollo di una tribuna. Si parlò anche di qualche morto, mai
ufficializzato però per ragioni di regime. I genoani si rivelarono i più scossi
in merito alla tragedia. Sul 3-3 i rossoblu beneficiarono di un calcio di
rigore, che il bombardiere Levratto (non
a caso detto lo sfondareti) si rifiutò di tirare, pur avendo realizzato due
reti nel corso della stessa partita. Andò sul dischetto Banchero, che però
calciò fuori. Il Genoa non avrebbe mai più vinto lo Scudetto della stella.
Gli
Agnelli e la Juve. Il primo campionato a girone unico incentivò
palesemente l’ascesa del fenomeno calcistico, diventando la Serie A un vero e
proprio spettacolo. Tuttavia, nulla o quasi faceva presagire un autentico
dominio da parte di una sola squadra per ben 5 stagioni consecutive. La
Juventus, infatti, affidata al carneade Carlo
Carcano, vinse sbaragliando ogni possibile concorrenza, in particolare
quella del Bologna della Roma e dell’Ambrosiana-Inter. I bianconeri torinesi
godevano già del supporto della FIAT e della famiglia Agnelli, legittimando in
un certo qual modo la nascita del calcio industriale. Nessuno più in Italia
riuscirà a vincere un campionato se non supportato da un colosso aziendale o da
un magnate di navigata solidità economica. Oltretutto i torinesi si
rinforzarono con gli oriundi Orsi e Cesarini, che per giocare in Italia
andarono a sviscerare parentele o presunte tali nelle più remote provincie
italiane. Combi, Rosetta, Bertolini, Borel, Giovanni Ferrari e gli altri,
invece, godevano di lauti ingaggi, che non tutti negli Anni Trenta potevano,
seppur muniti di buona volontà, garantire.
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