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sabato 8 ottobre 2011

Paul Breitner, il maoista

Paul Breitner con la maglia del Bayern
  Dopo la vittoria a sorpresa nella Coppa del Mondo nel 1954 a Berna, la Germania Ovest non aveva attraversato proprio un grande periodo di soddisfazioni. Soltanto a ridosso degli Anni Settanta i bianchi teutonici avevano ripreso a vincere affidandosi ad una nuova e strepitosa generazione di fenomeni, forse la migliore mai avuta in casa tedesca, guidata dal Kaiser Franz Beckenbauer, il libero più forte del mondo e calciatore di ineguagliabile carisma e levatura tecnica. La Germania Ovest di Helmut Schon tornò a vincere il Mondiale nel 1974 proprio sui terreni di casa, mentre nel 1972 aveva vinto il suo primo titolo europeo, strabattendo nella finale di Bruxelles l’URSS. Nel frattempo il Bayern Monaco, la squadra tedesca notoriamente più titolata, aveva vinto per tre stagioni consecutive, dal 1974 al 1976, la Coppa dei Campioni. Quello bavarese costituiva prevalentemente il blocco anche della nazionale teutonica, seppure in aperta competizione con quello dell’altra grande del periodo quale il Borussia Moenchengladbach. Beckenbauer, come detto, si riconosceva come il leader indiscusso del calcio tedesco, capeggiando i vari Gerd Muller, Uli Hoeness, Sepp Maier, anche se proprio in casa propria il Kaiser Franz doveva fare i conti con il calciatore più anticonformista del momento nel football europeo. Il calciatore si chiamava Paul Breitner, compagno di squadra del Kaiser sia in nazionale che nelle file del Bayern.


 Nato a Kolbermoor il 5 settembre del 1951, Breitner somigliava poco esteticamente ad un calciatore. La barba incolta ed i capelli folti lo rendevano molto alla moda del momento, ma soprattutto era soprannominato “il maoista” per il suo credo politico che il barbuto Paul non tentava neanche di nascondere. Breitner era tra i calciatori tedeschi ed europei più forti degli Anni Settanta, anche se il suo carattere e la sua fede politica lo evidenziavano oltremodo nell’intelaiatura della squadra teutonica. Dotato di un sinistro tecnico e forte allo stesso modo, venne dirottato come posizione in campo nel ruolo di terzino sinistro. Un ripiego per lui, quasi un castigo, per un calciatore che avrebbe potuto giocare senza ombra di dubbio a centrocampo, considerata la sua cifra tecnica. Breitner esordì con i rossi di Baviera nella stagione del 1970-71 e fornì un apporto importante perché il Bayern divenisse la squadra più forte di Germania ma anche d’Europa. Nel ’72 Breitner vinse con il Bayern la sua prima Bundesliga, distanziando in classifica di 3 punti lo Schalke04. Successo che i bavaresi ripeterono nelle due successive stagioni. Nel 1974, invece, la formazione di Monaco di Baviera alzò al cielo la sua prima Coppa dei Campioni, aggiudicandosi il replay della finale ai danni dell’Atletico Madrid, dopo una prima gara terminata sull’1-1. Al termine di quella stagione Paul chiuse momentaneamente il rapporto con la sua squadra di club ed anche con la Nazionale per trasferirsi in Spagna alla corte del Real Madrid.

 Breitner recitò un ruolo da protagonista assoluto anche nel corso della Coppa del Mondo del 1974. Segnò il gol della vittoria nella gara inaugurale ai danni del Cile, ma soprattutto segnò nel corso della finalissima, proprio all’Olympiastadion di Monaco. L’Olanda di Cruyff era in vantaggio di una lunghezza e proprio lui dagli undici metri si prese il compito di superare Jan Jongbloed. Una responsabilità che in casa tedesca non si era assunto nessuno. Quel rigore spianò poi la strada al raddoppio di Gerd Muller e al secondo titolo iridato dei tedeschi. Tuttavia, Breitner non viveva un rapporto serenissimo con alcuni compagni di squadra in quella Nazionale, che poi erano in parte anche quelli nel Bayern, soprattutto con il Kaiser Beckenbauer, che lo accusava di essere aggressivo ed in qualche modo fuori dalle regole dello spogliatoio. In realtà l’unico vero problema in tal caso per il leader tedesco Beckenbauer era costituita dalla popolarità e dall’anticonformismo del barbuto Paul, un antidivo per eccellenza. Oltretutto il suo credo maoista lo rendeva particolare e decisamente fuori dagli schemi, assolutamente non per il periodo storico che si viveva ma soprattutto perché a parlare in questi termini era un calciatore, categoria di lavoratori in qualche modo poco avvezza a certi discorsi politici e sociali.

 Ad ogni modo, Breitner era un vero e proprio trascinatore, ed anch’egli leader sebbene in maniera meno evidente e tangibile dei suoi colleghi della Nazionale. Tuttavia, anche in Spagna Paul rivelò tutto il suo immenso valore di calciatore. Con i bianchi di Madrid vinse subito la Liga alla sua prima stagione spagnola, dominando nettamente il torneo distanziando in classifica la maggiore inseguitrice la Real Saragozza di ben 12 lunghezze. Il Real Madrid realizzò in quell’anno addirittura la doblete, aggiudicandosi anche la Copa del Rey, mentre nel 1975/76 operò il bis nella Liga, stavolta staccando in classifica di 5 punti gli eterni rivali del Barcelona di Johann Cruyff. In Coppa dei Campioni, invece, le merengues di Breitner vissero una stagione esaltante ma non vittoriosa. Grazie all’apporto anche dell’altro tedesco Gunther Netzer, prelevato dal Borussia Moenchengladbach, il Real Madrid si spinse fino alla semifinale, dove però fu estromesso in una sfida molto sentita da Breitner proprio dagli ex-compagni del Bayern Monaco. Nel secondo turno il Real aveva ribaltato un incredibile passivo di fronte agli inglesi del Derby County. Il Derby aveva infatti prevalso per 4-1 in Inghilterra, prima di essere superato nel tripudio del Bernabeu per 5-1.

 Anche in Spagna Breitner confermò di esser un leader, forte e vincente.

 Tuttavia, nell’estate del 1977 l’Eintracht Braunschweig lo convinse a tornare in Germania. Paul ritornò nella Bundesliga, dopo l’esilio dorato di Madrid. La sua si rivelò, ad ogni modo, una tappa di avvicinamento verso il suo primo amore Bayern e verso la Nazionale. Nel 1978/79, infatti, ritornò in Baviera alla guida dei rossi bavaresi. Non c’era più Franz Beckenbauer ed erano vicini all’addio anche Hoeness e Gerd Muller. Breitner divenne allora il nuovo leader riconosciuto della squadra. Non più terzino fludificante, ma regista e goleador. Realizzò, infatti, 12 gol nella Bundesliga del ’79, 10 in quella dell’80, 17 nel 1981 e 18 nel 1982, scendendo di poco al di sotto di quella media soltanto nel 1983 con 9 reti. Insieme alla nuova stella Karl Heinz Rummenigge guidò il Bayern agli scudetti del 1980 e 1981 e alla Coppa di Germania del 1982. Gli mancò soltanto la grande impresa della Coppa dei Campioni del 1982, che i rossi di Baviera persero, pur essendo investiti del ruolo di favoriti, di misura di fronte all’Aston Villa a Rotterdam.

 In effetti il 1982 fu l’anno delle soddisfazioni mancate per il maoista di Kolbermoor. Tornato in Nazionale tentò nuovamente l’assalto al titolo iridato, dopo la pausa di riflessione del Mundial ’78 in Argentina. Con Rummenigge, Hrubesch, Littbarski ed Hansi Muller la Germania Ovest arrivò fino alla finalissima di Madrid, ad appannaggio però dell’Italia di Enzo Bearzot per 3-1. Breitner segnò il gol della bandiera ad una manciata di minuti dalla fine.

 Paul Breitner, un grandissimo calciatore, un leader, la cui carriera calcistica fu in parte frenata per invidia e per quel suo credo maoista.



tratto da L’altro calcio. Storie di football e politica V. Paliotto, L’albero Comunicazione Visiva (2010)


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